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I giovani sono in continua evoluzione.
Le tecnologie e i tempi cambiano.
Oggi, non è una cosa facile, per due genitori, raccontare ad un figlio le esperienze che hanno caratterizzato la loro adolescenza.

L’istituzione familiare è cambiata; non ha più le basi su di un sistema patriarcale.
La figura maschile, quanto quella femminile, si occupa della formazione di un figlio. Cinquant’anni fa non era così: un cambiamento radicale.

La sfera che racchiude al suo interno il mondo dei genitori e quella che rappresenta i figli erano separate con dei confini ben precisi; negli ultimi anni questi limiti hanno iniziato a essere sfumati tanto che ad un certo punto è diventato quasi impossibile distinguere l’uno dall’altro.

I cambiamenti fisici a cui è soggetto un bambino sono sinonimo di cambiamenti anche a livello psicologico dello stesso.

L’adolescenza è quel periodo dell’evoluzione umana che racchiude al suo interno la maggior parte di queste trasformazioni.
Per un genitore non è facile approcciarsi a un figlio che si vergogna delle mutazioni che hanno iniziato a influenzare la sua vita quotidiana.
Il “bambino” non parla di queste cose, ma, anzi, tenta di nascondere la propria crescita nonostante l’evidenza.

Ovviamente il passaggio dall’infanzia all’età adulta non va deriso. Un genitore ha il compito di dialogare con il figlio; è possibile raccontare le esperienze personali (anche a me succedeva…) nelle quali il giovane può trovare un po’ di conforto.

Quest’esperienza può essere difficile da compiere per la figura adulta per il fatto che può farlo entrare in crisi d’identità.
Accettare che i figli perdano la giovinezza vuol dire perdere il rapporto di onnipotenza per il fatto che il figlio era legato in modo inscindibile ai genitori.

In modo parallelo, anche la perdita delle forze, che avevano caratterizzato la vita fino a quel momento, può essere un fattore molto difficile da accettare e, così, superare.

Le mutazioni psicologiche di un adolescente sono molto difficili da gestire. L’adolescenza è influenzata dalla ricerca di autonomia, ma c’è anche il costante bisogno della certezza che il ragazzo trova solo nel nido familiare.

La famiglia deve raggiungere un equilibrio tra due compiti apparentemente opposti: favorire il cambiamento e l’indipendenza emotiva (separazione e autonomia dell’adolescente) e, allo stesso tempo, essere una base sicura (Bowlby) per il ragazzo nei momenti di difficoltà.

Per i genitori lo sforzo maggiore è quello di controllare le oscillazioni del figlio fra la ricerca di evasione e l’attaccamento costante alle sicurezze.

È necessario ricordare che il rapporto adolescente-famiglia non verrà mai meno, ma sarà soggetto a mutamenti.